Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato un’occasione irripetibile per il sistema Italia nel suo complesso e per il mondo accademico in particolare, con finanziamenti importanti finalizzati principalmente alla creazione di reti e centri nazionali di ricerca e innovazione. La distribuzione dei finanziamenti ai singoli Atenei e, all’interno di questi, alle singole aree di ricerca non ha sempre seguito una strada logica e lineare, dipendendo spesso da scelte politiche operate ad un livello superiore.
Con tutti questi limiti, i finanziamenti ricevuti attraverso il PNRR hanno permesso uno sviluppo importante di numerose linee di ricerca che, al termine del piano, dovrebbero avere sviluppato le conoscenze, le competenze e le collaborazioni necessarie per proseguire lungo la strada di un’innovazione complessiva della ricerca nazionale in tutti i campi. Non è sempre stato così, anche perché la durata limitata del piano – 3 anni sono unanimemente ritenuti un periodo troppo breve per consolidare le reti intessute e le competenze acquisite – è spesso risultata incompatibile con un adeguato sviluppo di tutti gli aspetti delle ricerche intraprese.
È quindi opportuno che gli investimenti fatti, in termini di attrezzature e competenze acquisite, di laboratori allestiti, di reti e contatti creati e di ricercatori formati, non vadano dispersi. A questo proposito, l’Ateneo può intervenire con programmi mirati che includano:
- sostegno ai nuovi laboratori allestiti e alle nuove attrezzature acquisite attraverso i fondi PNRR (sui partenariati, sui centri nazionali, sull’ecosistema dell’innovazione e sui bandi a cascata), con fondi sia per la manutenzione delle attrezzature che per il personale tecnico di laboratorio;
- supporto a quelle linee di ricerca multidisciplinari, attivate tramite i finanziamenti PNRR, che garantiscono il coinvolgimento di diversi gruppi di ricerca all’interno dell’Ateneo e che non siano già finanziate da appositi stanziamenti del MUR;
Due esempi di intervento potrebbero essere costituiti da una linea dedicata ai progetti PNRR all’interno del programma Rafforzamento, per favorire la presentazione di progetti di ricerca su bandi competitivi per o sviluppo delle ricerche avviate attraverso tutte le diverse linee di intervento dei progetti PNRR (dai partenariati ai centri nazionali, dall’ecosistema dell’innovazione ai bandi a cascata), e da una quota riservata ai laboratori allestititi e alle attrezzature acquisite con fondi PNRR all’interno del Fondo Ricerca Dipartimentale.
Un approfondimento a parte merita il futuro dei più di sessanta Ricercatori a Tempo Determinato di tipo A assunti con contratto triennale sul PNRR. Il contratto triennale della maggior parte di questi giovani colleghi terminerà tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Pur essendo stata chiara fin dall’origine la natura temporanea dei contratti, si pone il problema di salvaguardare e valorizzare le competenze acquisite attraverso un investimento così importante di finanziamenti pubblici (che, giova ricordare, non sono stati elargiti a fondo perduto e peseranno sul debito pubblico nazionale dei prossimi decenni). Per quanto sia a tutti evidente che l’elevata e improvvisa disponibilità di nuove posizioni da RTDA finanziati sul PNRR possa in pochi casi aver determinato un rilassamento dei criteri di selezione, è altrettanto vero che per la grande maggioranza dei ruoli sono stati scelti giovani ricercatori di assoluto valore, che hanno raggiunto nel corso del triennio risultati di eccellenza e che hanno contribuito alla realizzazione delle strategie di Ateneo.
Per un dovere morale nei confronti di questi ricercatori e della necessità di valorizzare i fondi ottenuti attraverso il PNRR, è necessario che l’Ateneo si impegni nel prossimo biennio alla stabilizzazione di una quota degli RTDA PNRR, valutando attraverso un’apposita commissione di Ateneo i risultati raggiunti nella ricerca e l’impatto sulle strategie di Ateneo e istituendo nei relativi settori corrispondenti posizioni da RTT in un numero compatibile con le esigenze del bilancio dell’Ateneo, ma indicativamente almeno pari al 30 per cento del numero di RTDA originariamente attivati.